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MONDORINO: FARNETICAZIONI PALEONTOLOGICHE

A seguito di alcuni articoli in uscita in questi momenti sulla stampa locale (Cremona) credo sia opportuno intervenire con affermazioni lucide a riguardo delle farneticazioni e delle diffamazioni fatte dal protagonista della vicenda:



La “Gioconda dell’osso”, è il ridicolo nomignolo attribuito, dal presunto scopritore, al cranio di rinoceronte (Stephanorhinus kirchbergensis) consegnato circa un anno fa al Museo Paleoantropologico del Po di San Daniele Po (CR).
Il reperto, per il quale è stata dichiarata la provenienza (non confermata) da una spiaggia di Spinadesco (CR), rappresenta una sorta di mistero estivo che grazie alla ricerca scientifica si sta gradualmente svelando. Le evidenze traumatiche sull’osso potrebbero infatti suggerire altre modalità di rinvenimento ad esempio un'estrazione accidentale dai sedimenti alluvionali mediante una idrovora.
Il fossile venne presentato dal presunto scopritore sulla stampa il 3 luglio 2013 sul quotidiano locale online di Cremona e il 4 luglio sull'edizione cartacea.

(http://www.laprovinciacr.it/news/cronaca/43093/Cranio-preistorico-in-riva-al-Po.html)

A seguito della segnalazione pubblica che citava il personale del Museo di San Daniele quali esperti da consultare,  decidemmo di contattare il presunto scopritore per un incontro chiarificatore. Andammo, previo contatto telefonico il sabato successivo in tre: il Direttore del Museo di San Daniele Po Dott. Simone Ravara, io (Davide Persico, paleontologo dell’Univ. di Parma) ed un volontario del Gruppo Naturalistico Paleontofilo, presso l'abitazione dove era custodito il reperto. Dopo un consulto, il presunto decise di consegnare il reperto al museo che venne trasportato dopo essere stato messo adeguatamente in sicurezza. Purtroppo il fossile, prima della consegna, venne incautamente ma accuratamente lavato con getto d’acqua, e successivamente reidratato, perdendo preziose informazioni scientifiche e rischiandone il danneggiamento.
Una volta introdotto nel Museo il cranio venne collocato in sicurezza nel laboratorio del Museo Paleoantropologico sotto monitoraggio, disidratazione lenta e in locale sottoposto ad allarme, per essere poi immediatamente segnalato alla Soprintendenza della Lombardia.
La prassi vuole che i fossili ritrovati accidentalmente vengano tempestivamente consegnati alle autorità competenti (carabinieri, sindaco locale, funzionario della Soprintendenza per il territorio in questione, strutture museali idonee e riconosciute dallo Stato). In questo caso il presunto scopritore agì in modo anomalo dopo aver dichiarato alla stampa la volontà di tenere per sé il prezioso fossile patrimonio dello Stato.
Dal momento in cui il fossile entrò nel museo, per quanto ci riguarda, la vicenda si concluse.

Così non è fu per lo scopritore che pochi giorni dopo finì fotografato ed intervistato sulla stampa nazionale (Settimanale Visto, giornale di gossip) con una spada medioevale tra le mani ed un cranio di Uro (Bos primigenius) sulla barca.



Oggi, questi reperti non dichiarati dall'Indiana Jones (spada e cranio di uro) sono posti sotto sequestro presso il deposito della Soprintendenza Archeologica della Lombardia a Milano.

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Questa precisazione nasce per controbattere informazioni del tutto campate per aria che rischiano di diffamare la mia persona, il Direttore del Museo ed il Museo Paleoantropologico stesso, pur avendo agito nel rispetto delle regole.

Il reperto conservato nel museo ha ricevuto un numero di inventario ministeriale (172285 - cranio di Stephanorhinus) e non è stato oggetto di sequestro, infatti è detenuto regolarmente da una struttura museale riconosciuta e adeguata: il Museo Paleoantropologico del Po.
Previa richiesta di permesso alla Soprintendenza della Lombardia il fossile è stato studiato ed un articolo è in fase di sottomissione ad una rivista internazionale. 
Questo reperto non è un reperto unico come lo definisce l’Indiana Jones del Po, ma è un bel fossile di rinoceronte, ben conservato, che si colloca in un panorama di altri ritrovamenti fossili del fiume Po e dell’area circostante. Grazie al suo stato di conservazione ha permesso la revisione tassonomica degli altri reperti precedentemente rinvenuti, migliorando le conoscenze paleontologiche a carico dei rinoceronti fossili che abitarono la Pianura Padana durante la preistoria.

Posso comprendere la rabbia del presunto scopritore del fossile a seguito di un processo dispendioso che lo ha visto come protagonista, ma coinvolgere persone e strutture che operano regolarmente secondo le leggi italiane per il solo scopo di migliorare le conoscenze e la divulgazione scientifica, è quanto mai scorretto.

Del rinoceronte del Po si sentirà parlare ancora molto, a partire dall’11 di giugno quando il sottoscritto presenterà al convegno della Società Paleontologica Italiana un resoconto scientifico dettagliato sulla scoperta. 
Del presunto scopritore invece, speriamo se ne perdano rapidamente le tracce.

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