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Moderna arcaicità...

Dividere i sapiens in “arcaici” e “moderni” riflette un modo gerarchico di pensare la variabilità umana.

Da sempre vige la convinzione diffusa che la suddivisione del Paleolitico in inferiore, medio e superiore, eseguita essenzialmente attraverso le industrie litiche, rifletta anche importanti differenze evolutive nella specie umana, in particolare tra i sapiens “moderni” e gli “arcaici”.

In realtà molti degli attrezzi del Paleolitico inferiore e medio trovati in Europa e altrove variano all’interno di una ristretta gamma di forme semplici, tanto che scheggiatori dei giorni nostri riescono, con attrezzature e motivazioni adeguate, a riprodurne copie in pochi minuti, a volte addirittura in pochi secondi.

Un’analisi dettagliata dei manufatti litici, secondo lo schema di Clark, che riguarda la variabilità tecnologica suddividendola in cinque categorie, permette di vedere che non vi è un costante accumulo di nuove tecnologie dei nuclei a partire dalla prima apparizione della nostra specie, né qualcosa che assomigli a una “rivoluzione” come quella tanto citata paleolitica. Si vede invece uno schema persistente di ampia variabilità tecnologica.

Attività opportunistiche e circoscritte di lavorazione di sassi e di ciottoli di fiume da parte di esseri umani dei giorni nostri danno spesso origine a utensili ottenuti per scheggiatura da Homo habilis o da Homo erectus. Questa somiglianza però, che si vede appieno anche nei manufatti in foto solo in apparenza paleolitici (in realtà provengono da un sito dell’Età del Bronzo), riflette solamente la natura delle strategie di fabbricazione degli utensili, delle tecniche e delle materie prime, non l’uguaglianza, in termini evolutivi, di coloro che li hanno fabbricati. La documentazione archeologica quindi è piena di possibili risultati ingannevolmente negativi sulla modernità comportamentale umana nel corso della preistoria.

L’ipotesi che vi siano stati esseri umani di aspetto moderno ma dalle capacità comportamentali significativamente diverse dalle nostre non è sostenuto né da principi di uniformità, né dalla teoria dell’evoluzione, né dalla documentazione archeologica. Non ci sono, in giro per il mondo, popolazioni di H. sapiens le cui capacità di variazione comportamentale siano soggette a vincoli biologici. E nemmeno ci sono ragioni per pensare che siano esistiti in passato H. sapiens arcaici dal punto di vista comportamentale.

Bisogna smettere di guardare agli artefatti come espressione di un qualche stato evolutivo e cominciare a vederli come prodotti secondari di una strategia comportamentale.

(Modified after Shea J., Le Scienze, Marzo 2012)

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