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RILANCIO DEL TURISMO FLUVIALE O ESALTAZIONE DELL’ESCURSIONISMO FOGNARIO?

Un intervento a malincuore, ma per rispetto di chi, richiamato da eccessivi annunci tutti natura e ambiente viene a visitare il nostro fiume, e si ritrova deluso e rammaricato per non essersi recato altrove. E’ un senso di pudore che mi spinge a scrivere queste righe, non una denuncia, ma la volontà di porre all’attenzione dell’opinione pubblica l’attuale stato di salute del fiume Po.
Stare all’aria aperta può essere un gradevole rimedio allo stress della frenesia quotidiana, ma la realtà spesso può essere anche peggio. Spiagge come discariche abusive dove ogni rifiuto urbano può essere facilmente ritrovato: pneumatici di ogni genere e taglia, plastica di ogni tipo, oggetti da arredo casa, giardino, elettrodomestici, assorbenti, parti di automobili, tegole, eternit, carcasse di animali ecc. Il tutto immerso in un fetore, quello dell’acqua, simile ad un mix di idrocarburi, vegetali in decomposizione e fanghiglia.
Amo il fiume più d’ogni altra cosa e rimpiango l’ambiente di 20 anni fa, situazione che mio padre già definiva fortemente compromessa. Ogni persona però dovrebbe sapere che questo non è più il nostro fiume.
Una cloaca con gravi problemi idrici, dove l’abbassamento delle acque non mette in luce altro che nascosti sfregi portati dall’uomo. Discariche che riemergono, abbassamento dell’alveo, impossibilità di transitare con grandi imbarcazioni, erosione indiscriminata, pesci ben diversi da quelli che eravamo abituati a pescare costituiscono un quadro ambientale necessariamente da risanare.
Quali rimedi allora? Incrementare il turismo fluviale come chiave di rilancio territoriale come si sta verificando?
Credo si sia prevaricato il buon senso.
Dati forniti lo scorso estate dall’Apat (Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici) in relazione al triennio 2003-2005, mettono in luce quanto critica è la contaminazione da terbutilazina nel Po, (presente in 52,7% dei campioni analizzati). Il Po, complessivamente, contiene 31 pesticidi, tra cui l'ancora diffusa atrazina (vietata da 20 anni): residuo di una contaminazione storica imputabile al forte utilizzo fatto in passato e alla persistenza ambientale della sostanza.
Nessuno dovrebbe perder tempo, mettendo a rischio la propria salute, a visitare un ambiente tanto compromesso. Casi d’inquinamento del suolo, scarichi urbani non depurati, aziende che riversano indiscriminatamente o stoccano imprudentemente sostanze pericolose in un area inondabile, sono i nodi centrali sui quali agire. E’ necessaria una presa di coscienza comune, soprattutto da parte degli amministratori, perché s’intervenga tempestivamente. Rimedi ecologici in primis ed un’educazione ambientale che consenta di vivere in armonia con l’ambiente ritrovando consapevolezza in quei valori di tutela e valorizzazione ambientale indispensabili per una buona sopravvivenza.

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